.

.

.

.

.


rimane nel gioco il silenzio, se ci guardiamo adesso
è forse per fingere l’imbarazzo del desiderare

perché il desiderio chiama desiderio e forse il tuo
richiamerà il mio, del resto anche il silenzio nel mondo

domanda di essere rotto e pure il vuoto d’amore

pretende un pieno, qualunque sia, le parole devono
rimanere fuori da questo travaso di vita

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2018)

.

.

.

.

A una coppia di amici


non sentite il grido che persiste
nel silenzio tra voi
lugubre e stabile
come un augurio permanente di rovina
come un’inutile roveto ardente?
giorno e notte vi sento
segretamente urlare rivoltarvi
senza gesti nel dolore
___________________incendiare
di rancore gli scambi quotidiani

che ne farete di questo fuoco sacro
che traspare dalla pelle sottile
e consuma anche gli altri
attorno a voi
tacitamente?

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
(2005)

Terra madre grande

23 novembre 2018

.

.

.

Terra madre grande

.


terra madre grande madre madre grande grande terra
terra terra madre terra madre grande padre piccolo

piccolo amore una volta che il gioco si è rotto non
si riaggiusta più la madre si è rotta e tutti i frammenti

dicono grande la terra dicono terra la madre
dicono la madre tutto il tempo poi dicono il tempo

e le tue perturbazioni avvolgono tutto il tuo tempo
grande madre grande terra terra terra madre terra

piccolo padre del tempo tempo minimo del padre
grande grande grande madre terra minima del cuore

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2013)

Replay: Il grano

20 novembre 2018

.

.

.

.

Il grano


il grano è quasi giallo al nostro sguardo
incalzato dal treno, sciolto da un bizzarro
serpeggiare di onde, e lontano e ancora
e piano respira al vento, e giace a tratti
a grandi chiazze ferme e tristi, e poi
scompare e poi riprende, e poi proclama
con voce di radiosa apocalisse
la tirannia imminente dell’estate,
desiderata e odiosa, spazio dolce
del disincanto, teatro aperto amaro
di passioni che esplodono
nel vuoto, senza frutto,
sul mare torpido dell’indolenza

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
(2007)

.

.

.

.

.


allora, sentite, così non va, non va, a dispetto
di quello che sembra non vedete qui solo parole,

quando scrivo mare ecco che ne toccate l’odore,
se siete davanti al mare gli occhi vanno all’orizzonte,

se siete arrivati al di là dell’orizzonte il suono casa
vi riporta qui, ma se scrivo duecento annegati

nel mare ecco che non toccate più l’odore e sentite
invece nel vuoto il terrore e la morte e quando siete
nel terrore e nella morte il gioco al rimando è finito
e non c’è orizzonte né suono di casa

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2018)

Replay: Come

13 novembre 2018

.

.

.

.

Come



come gazzelle in prigione, alte euforbie nel recinto
del vaso, come un oceano cui sia interdetto trascorrere
tra una cresta troppo grande e la seguente, come figli
del sole duro dispersi nella cruda bruma della
speranza, come creature il cui nome sia andato perso,
come nomi persi, come nomi dissanguati attorno,
ora che dilaga il suo disordine, il suo cupo ordine
di vaso, d’acquario, di prigione, di nebbie, di celtiche
costellazioni di ghiaccio, senza pulsanti gazzelle,
senza sotto il sole alte euforbie, senza vita e senza
antica e autentica morte

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
(2011)

Questa poesia, come quella postata l’11 maggio, è stata scritta a suo tempo a caldo in risposta a un appello di Gianmario Lucini, in seguito al gratuito omicidio, a Firenze, nel dicembre scorso, di un immigrato africano. In risposta a Lucini avevo poi preferito l’altra.

Per descriverci

9 novembre 2018

.

.

.

Per descriverci

.


se mai dovessi descrivere il dialogo che ci lega
non mi sarebbe davvero così facile trovare
le parole per fissare quelle cose che di solito
vengono vissute insieme senza parole oltre a quelle
essenziali per lo scambio quotidiano, e finirei
fatalmente per mentire, inventare, fantasticare
definitive metafore di gioia e di dolore
che ci assomiglino, certo, ma solo come un’antica
fotografia in bianco e nero che conserviamo per dirci
quanto diversi siamo oggi

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2011)

Replay: Puerto Real

6 novembre 2018

.

.

.

.

Puerto Real



che paura ritrovare
quei versi di Juan Ramón
che leggesti quando non
sapevi, quando credevi
che il passato stesse dietro
di te (marismas secas, sales
rojas) ed era davanti,
fitto di enormi scoperte
pronto a colpirti una sera
di fronte a versi inattesi
(altas lagunas que
creímos mares!)

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
(2011)

.

.

.

.

.


siamo noi banali non le cose, siamo noi che non
siamo mai capaci, un lunedì mattina qualsiasi

di prendere il mondo per il collo e così ricondurlo
a noi, siamo noi, siamo mai, le parole medesime

sono cose e portano sapori inconsueti, ritornano
quando le spingiamo alle altre cose di carne e di pietra,

sono sabbia e mare le parole, siamo noi, non siamo
mai così lontani dallo strusciarsi secco dei sassi
sotto i nostri piedi, noi siamo sassi, siamo parole
che strusciano secche sotto le nostre dita, banali

saranno le nostre parole se non saranno più
cose, siamo noi che non siamo mai capaci di prendere

dentro di noi tutte le parole di carne e di pietra

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2018)

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: