.

.

.

.

.


nella trasparenza   degli dei sei quella che mi guarda
quasi mi dovessi   di esistere quasi mi pensassi

identico a loro,   certo molto presto la mattina
hanno predisposto   l’intero mondo per te che non eri

qui ancora atterrata,   e i rossi acuti di macchie di papaveri
scavate nei campi   troppo verdi di un maggio piovoso

fiori gialli in mezzo   al gialloverde del grano immaturo
sotto queste nuvole   a strati sino a così lontano

quasi come il mondo   da cui provieni e guardi me, me!

quasi mi dovessi   di esserci, quasi sotto la pioggia
io apparissi identico   a loro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2019)

.

.

.

.

Possono essere spade

.


non sono le tue parole di corde d’aria a suonare
tanto nettamente strane a fronte di questo silenzio
mio di riflessi di vetro e non è la voce di vetro

tua a riflettere il disagio di fronte a questo mio buio
risonante dove mani toccano sapori che
d’improvviso si rivelano, dove gli odori credono

di gestire il monopolio del sentimento perché
possono essere spade o anche voci di corde d’aria
e riflessi ritagliati nel vetro

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

(2016)

La voce non sta ferma

27 marzo 2020

.

.

.

La voce non sta ferma

.


quando le parole piangono, e la voce non sta ferma
e il mondo sembra scomposto, fuori luogo, come storto,

e il respiro è un incidente tra le sillabe, e non canta
non sorride più il sorriso del sole, l’ondata piena

del calore che alimenta la gloria delle cicale,
quella sillaba fermata dall’assenza di respiro,

quella vita enorme riempie tutte le parole che
hanno lasciato il respiro per rifugiarsi in quel dentro
che ansima ancora più dentro, che ha una voce di vecchia larva,
che è il nascondiglio incrinato dai riflessi dell’assillo,

piangono piangono voci nel ghetto nero del fondo,
il calore ha alimentato l’ascesa delle cicale,

tra i due mondi c’è un canale piccolo piccolo, denso
di memorie sparpagliate tra i tronchi tiepidi

 

 

 

 

 

 

 

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2015)

 

ricordo che era viva
(2019)

 

 

 

.

.

.

.

.


tra la bocca e l’anima   un condotto lungo di emozione
accompagna i sensi   al collasso, sbattono troppo forte
le imposte, si oscura   il senso, scivola la nostra vita

dentro l’altra vita   ignota, non tanto simili a dei
fiamme sotto i muscoli,   suoni tintinnanti nella notte
che ci copre, battono   impazziti gli scuri dell’essere

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2019)

.

.

.

.

Quando il giallo squillante


quando il giallo squillante vince sul verde amabile
in un pulviscolo armonico che invade tutto
come i giaguari di luce di un Renoir sognato
quando il mondo è concreto come l’aroma amato

dall’insistenza soffice e muta della pelle
quando il tuo sapore riempie i canali del senso
saturandoli come un rosso maturo, carico
di un volere che risuona abbastanza da vincere

il gioco delle nostre paure e del potere
quando il giallo squillante trascina nel suo campo
imponderabile tutti i colori che stanno

intorno a noi, possiamo allora urlare che un nuovo
destino celebra il suo futuro di credenze
che ci accompagnano a un altro identico domani

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
(2010)

.

.

.

.

.


lo spazio del suono della campana nella scansione
che l’occhio fa della larga astrattezza dell’acqua domina
la tua percezione del momento, che non c’è nessuno,

solamente mosche insolenti, palude e cielo, vuoto
di vita, lo spazio che si stende nel suono, vuoto

di attrazione, acqua che si stende immobile nel centro
esatto del tempo, come a dissociare le esistenze
del prima e del poi

 

 

 

 

 

 

 

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2018)

 

poi ancora
(2013)

Da Distonia, Kurumuny, 2018

 

 

.

.

.

.

.


ferma in questa piazza,   nel sole delle tre guardi che passano
il tempo e i turisti,   gambe lunghe e abbronzate camminano

parlano trascorrono,   biciclette di varie età
e sesso attraversano   tutto lo spazio, le ore incombono

nel grembo selciato,   ti sorride un respiro di vento
però, mentre passano   i turisti con il giorno, quando

salirà la sera   sarà tutto stato un altro sogno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2019)

Replay: Tutti rosa

15 marzo 2020

.

.

.

.

Tutti rosa


tutti rosa i peschi antichi nel marzo della pianura

il treno attracca Cesena non piove non è nemmeno
mercoledì, il sonno scivola in mezzo a versi che scivolano
fuori da questa coscienza da sette e quarantacinque

essendo in viaggio da un’ora nel marzo della pianura
grato ai peschi roseggianti a tutti i campi verdeggianti
alle case biancheggianti alle pozze celesteggianti

tutto un mondo troppo lirico per quello che possiamo
a quest’ora trattenere

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
(2015)

La macchia

13 marzo 2020

.

.

.

La macchia

.


la macchia di canne secche che si staglia chiara sulla
ramaglia densa e verdastra sta definendo il confine
del nostro campo di azione, per cui l’inverno che siede

così a lungo sulle cose qua attorno insieme delinea
il suo potere e la mia curiosità un po’ spaventata
da bambino avventuroso cui la mamma ha già proibito

di prendere freddo e di portarsi talmente vicini
al bordo buio dell’acqua

 

 

 

 

 

 

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2016)

 

tutti in giacca sudano
(2019)

 

 

 

.

.

.

.

.


(ad Antonio Porta)

preso dal terrore   nel diventare lepre, disteso
airone sull’acqua,   lungo come le lunghe zampe,

la notte i germogli   sotto la neve, o migrare nel cielo
come se attraverso   quella porta magica, fui preso

da tutto il terrore   nell’essere lepre, nella notte
solcassimo i campi   come presagi che solo una luce

fortuita disvela,   nell’aria, maturate le rane
le ali raggiungono   quasi i due metri, bianche, o color

cenere, nell’aria,   sotto i germogli del grano, fresca
tutta questa vita   che avanza, a lunghi passi, a balzelli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2019)

Replay: Prossimità

8 marzo 2020

.

.

.

.

Prossimità


come il festone orfano di una solennità trascorsa
la rete della pallavolo, aggrovigliata dal vento,
apre alla vista il teatro della vita di paese
verso il fondale del mare, sopra la polvere rossa
che i nostri piedi calpestano, a collegarci al senso
concreto di quell’agire materiale di persone
che camminano, o discutono, all’opera su una casa
da costruire per sé, per l’amico, il figlio, il cugino,
mentre l’aria calda avvolge me come loro e mi porta
gli odori della calce e dei corpi, i sapori dell’esserci

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
(2009)

.

.

.

.

.


quando il sole sale si scioglie questa nostra caligine
primitiva, saltano piccoli pesci, biciclette
arrembano l’argine, ma resta ferma l’acqua, resta

specchio degli aironi e di tutti i fenicotteri esili
simili a serpenti nel cielo azzurrogrigio che il sole

lentamente invade sopra gli argini dove il mio corpo
cammina, resiste, esiste

 

 

 

 

 

 

 

 

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.
.

(2018)

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: