Replay: La biblioteca
20 giugno 2017
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La biblioteca
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Arrivando a Sarajevo dal viale dei cecchini,
incrociamo il museo, l’Holiday Inn, seguiamo i giardini
lungo il piccolo fiume (quello grande, la Bosna,
scorre fuori città, non lontano) sino al vecchio
edificio bruciato, il fulcro di tutto, il cuore distrutto
del senso, serrato dove l’abitato di colpo
finisce, e la valle affollata di tetti
si estingue in una gola
troppo stretta,
proclamando la biblioteca insieme apice
e centro della città – e questa,
così strangolata, solo verso l’alto riesce ora
a proseguire, a picco, a strapiombo tra i pendii
pullulanti di lapidi e le strade
abbarbicate verso i boschi appena sopra,
dove era stato facile, per quelli che sparavano,
affollare quei rami e spiare laggiù,
con l’occhio lungo della morte remota, a punire
chi non correva abbastanza a zigzag,
abbastanza veloce,
abbastanza fortunato. E fortunati noi, oggi,
a passeggiare per le strade del mercato, a visitare
le moschee ricostruite, a bere birra e yogurt,
conversando con chi è rimasto, con chi
è tornato, con chi ci vive, ora, e vorrebbe
rimanerci per sempre: una bella città davvero,
dove si vive litigando e cantando,
mangiando carne e bevendo vino,
perché i morti non ci possono impedire
di essere ancora vivi, e se tremiamo nel vedere
gli intonaci costellati di spari, le voragini
spalancate nei tetti, i palazzi sbranati dal fuoco,
non è per questo che siamo qui,
che sono qui loro, i vivi,
i vivi, con cui brindare al ritorno del domani.
Quanto manca alla ricostruzione dei muri?
Domani, posdomani, tutti i segni
saranno cancellati, ma dei libri bruciati,
dei ricordi perduti dei morti, chi ci ridarà
il sapere?
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(2005)